Torino, chiesa di San Filippo Neri, esterno

Sebastiano Valfrè, “campione” di carità

Al servizio di Dio e del prossimo ovunque ce ne fosse bisogno, dai quartieri di periferia alle ricche stanze di corte

Crpiemonte
3 min readAug 28, 2023

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Anticipatore del secolo straordinario e irripetibile dei “santi sociali” piemontesi, che tra Ottocento e Novecento onoreranno la Chiesa pendendosi cura di chi vive ai margini, Sebastiano Valfrè è riconosciuto come autentico “campione” di carità.

Nasce a Verduno (Cn) il 9 marzo 1629 in una famiglia povera e numerosa. Ha solo pochi mesi quando in Piemonte si diffonde la peste e il padre - per sottrarla al contagio - trasferisce l’intera famiglia in una grotta fuori dal paese.

Sebastiano Valfrè

Compie i primi studi tra i frati minori conventuali di Alba e il seminario di Bra (Cn). A 16 anni frequenta da esterno il Collegio dei Gesuiti di Torino per approfondire le discipline filosofiche e - per contribuire al proprio mantenimento e dare un aiuto alla famiglia - fa l’amanuense copiando libri e lettere. Dopo la laurea in filosofia, nel 1651 entra a far parte della congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Torino, fondata da appena due anni, e l’anno seguente viene ordinato sacerdote.

Il suo apostolato è rivolto, in particolare, alla predicazione, alla direzione spirituale e all’impegno per i poveri, i malati e i carcerati.

Ritratto di Sebastiano Valfré, 1834 Accademia delle Scienze di Torino

La fama della sua generosa umanità cresce di giorno in giorno e raggiunge gli ambienti di corte, al punto che il duca Carlo Emanuele II di Savoia lo sceglie come confessore. Dopo la morte del duca, nel 1675, Madama reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours gli dona il terreno su cui sorge, oggi, la chiesa di San Filippo Neri e gli chiede di occuparsi dell’educazione spirituale del giovanissimo erede, il duca Vittorio Amedeo II, di cui sarà confessore fino al 1690.

Lo stretto legame con gli ambienti di corte e con la nobiltà torinese gli consente di trovare le risorse necessarie a soccorrere gli indigenti e a mettere in cantiere numerose opere di carità.

Nel 1670 Vittorio Amedeo II gli offre la possibilità di ricoprire la carica vacante dell’arcivescovo di Torino, monsignor Michele Beggiamo, morto l’anno precedente, ma preferisce rinunciare: si ritiene inadatto sia per le sua umili origini sia perché è convinto che il ruolo ideale in cui vivere con fedeltà la sua vocazione sia per lui quello di sacerdote.

Nel 1706, durante i giorni drammatici dell’assedio di Torino - quando oltre 44 mila soldati francesi accerchiano la Cittadella, difesa da poco più di 10 mila soldati sabaudi - Valfrè non si tira indietro: soccorre i soldati feriti, confortare i moribondi e presta aiuto a chiunque possa averne necessità.

Precursore, per molti versi, della figura del cappellano militare, trasforma il santuario della Consolata — assai caro alla devozione dei torinesi — in una “Cittadella della preghiera”. Il Consiglio municipale, in quei frenetici giorni, gli affida l’incarico di organizzare novene e incontri di preghiera per invocare la vittoria. E il 7 settembre - festa della Natività di Maria - dopo centodiciassette giorni d’assedio, la vittoria arriva.

Torino chiesa San Filippo Neri, interno

Dopo una vita spesa senza riserve in favore degli ultimi, Sebastiano Valfrè muore - all’età di 80 anni - il 30 gennaio 1710. Alla notizia del trapasso, Vittorio Amedeo II, che gli aveva fatto visita al capezzale, sembra aver affermato: “Io ho perduto un grande amico, la congregazione dell’Oratorio un grande sostegno e i poveri un gran protettore e padre”.

Il suo corpo riposa nella chiesa di San Filippo Neri, in via Maria Vittoria, a Torino. Nel 1784 papa Pio VI lo dichiara “venerabile” e il 15 luglio 1834 papa Gregorio XVI lo dichiara “beato”. È copatrono dei cappellani militari e la sua memoria liturgica si celebra il 30 gennaio.

Foto: Wikipedia

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