“La malora” di Beppe Fenoglio

Simboli delle Langhe dell’epoca, povere e sventurate

“La malora” di Beppe Fenoglio, romanzo breve o se si preferisce racconto lungo

Crpiemonte
4 min readMay 31, 2021

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di Mario Bocchio

Pubblicato per la prima volta nel 1954 nella collana «I gettoni», La malora è certamente l’opera dello scrittore albese Beppe Fenoglio in cui la tematica della vita contadina sulle Langhe campeggia in tutta pienezza, sia nei motivi che nei luoghi, pur non essendo nuova all’autore, poiché già trattata in Un giorno di fuoco e nella seconda parte de I ventitré giorni della città di Alba.

Beppe Fenoglio

Il libro narra la storia di Agostino e, attraverso gli occhi dello stesso, la vicenda della sua famiglia, i Braida, poveri contadini delle Langhe d’inizio secolo, la cui vita è segnata dalla fame, dal duro lavoro sulla terra avara e dalla malora che, come un’ombra funesta da cui è impossibile liberarsi, guida il destino dei personaggi del romanzo fenogliano. Immerso in avvenimenti tragici, quali la morte del padre, l’inutile lotta della famiglia di Tobia per emergere dalla propria condizione, la malattia del fratello chiuso in seminario, Agostino vive gli anni della giovinezza chinato di fronte alla propria sorte. L’unico barlume di speranza, l’amore per la “servetta” Fede, viene annullato senza possibilità di opporsi dal contratto di matrimonio fatto dai genitori della ragazza. L’unico sogno di Agostino rimane quello di tornare a lavorare la terra che era stata di suo padre: desiderio che in ultimo verrà realizzato, anche se il giovane non potrà più contare sulla presenza materna.

La copertina del libro

La narrazione si apre con l’immagine del cimitero di San Benedetto Belbo, dove è sepolto il padre del ragazzo, e si dilata, nella memoria, agli avvenimenti che precedono e seguono il lutto. La famiglia Braida vive nell’Alta Langa, una zona collinare povera di vegetazione e di acqua: la terra non è fertile ed il cibo è scarso. Alla Cascina Pavaglione i rapporti umani sono rari, condizionati dalla necessità, spesso dominati dalla violenza. La rigida gerarchia sociale, fondata sul denaro, è accettata con fatalismo: tutti i personaggi subiscono il loro destino come una condanna alla quale nessuna volontà può sottrarsi.

La Langa fenogliana, San Bovo

Solo quando Agostino e Tobia scendono ad Alba, la città dove vive il padrone del Pavaglione, appare il miraggio lontano di un mondo diverso ed irraggiungibile. Ne La malora nessuno si salva dalla maledizione, neppure le donne, che sono sfruttate fino all’esaurimento di ogni energia: esse trascorrono la loro esistenza nel lavoro e nella preghiera, che è la religiosa ed istintiva accettazione della sofferenza, l’invocazione di un Dio lontano, inavvertibile. Nel momento in cui la moglie di Tobia reagisce e chiede comprensione, è già troppo tardi: ormai è malata e consumata dalla fatica. Solo raramente, nel romanzo, si apre per i personaggi la possibilità di intravedere nella vita una speranza o una corrispondenza di affetti.

La Cascina del Pavaglione

Quando Agostino incontra Fede ritrova in sé energie inaspettate: nonostante il cibo insufficiente, il lavoro gli appare meno duro. La dolcezza della ragazza gli restituisce un’allegria ed una giovinezza che non ha mai conosciuto. Ma, proprio quando Agostino comincia ad immaginare una vita diversa per entrambi, la ragazza è costretta dai parenti ad un matrimonio d’interesse. Dopo la partenza di Fede, la vita al Pavaglione diviene insopportabile per Agostino; ma la fortuna sembra, per una volta, volerlo aiutare: egli può tornare a casa, perché il fratello maggiore, Stefano, è assunto dagli zii come primo garzone. Il ragazzo è finalmente libero, ma continua a vivere di stenti, con la madre, nell’attesa del ritorno del fratello Emilio, gravemente ammalato. Il romanzo si chiude con un’immagine di morte. Il racconto in prima persona consente al lettore di immedesimarsi nell’ambiente e di percepire, nell’espressiva spontaneità di una lingua regionale semplice e scabra, i sentimenti del protagonista.

Donne di Langa (foto di Bruno Murialdo)

Colpisce, in quest’opera di Fenoglio, la perfetta coerenza degli elementi che la compongono: i caratteri dei personaggi, le passioni, le immagini della natura e l’asprezza del linguaggio, appaiono come momenti inscindibili di un’unica esperienza umana e poetica.

Fonte: “Associazione Centro Studi di Letteratura, Storia, Arte e Cultura Beppe Fenoglio”

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