Sulle colline del Papa
Le radici piemontesi di Francesco
di Mario Bocchio
Nel silenzio ovattato delle colline astigiane, dove le vigne si rincorrono come versi di una poesia contadina, c’è un piccolo borgo che custodisce un segreto ormai noto al mondo intero. Si chiama Portacomaro, ed è lì che, oltre un secolo fa, iniziava un cammino destinato ad arrivare fino al soglio pontificio.
La casa dei Bergoglio - o meglio, quella dei suoi antenati - esiste ancora. Un’abitazione modesta, dalle pareti in pietra che sanno di tempo e fatica, di raccolti e preghiere. Il nonno di Jorge Mario Bergoglio, Giovanni Angelo, nacque proprio qui nel 1884. Da giovane emigrò in Argentina in cerca di lavoro e futuro, portando con sé l’accento del Monferrato, una Bibbia consunta e una fede radicata come le viti di Barbera che crescevano davanti a casa.
Chi oggi passeggia per le strade di Portacomaro può quasi sentire i sussurri del passato. “Era gente semplice, umile, lavoratrice”, racconta un’anziana del paese, seduta all’ombra della chiesa parrocchiale dove i Bergoglio si riunivano la domenica. “Ma con valori forti”. Quegli stessi valori che abbiamo visto in Papa Francesco: la sobrietà, l’amore per gli ultimi, la tenacia.
Si dice che Jorge Mario, già da ragazzo, ascoltasse incantato i racconti dei nonni sulla “terra vecchia”, come chiamava il Piemonte. Un mondo lontano, eppure mai dimenticato. Quando divenne Papa nel 2013, il nuovo pontefice non perse tempo a dichiarare con orgoglio le sue origini piemontesi, ricordando con affetto le serate passate ad ascoltare storie in dialetto e i piatti della tradizione che sua nonna preparava.
Papa Francesco tornò simbolicamente alle sue radici con una visita privata. In un clima di commozione sincera, abbracciò la terra dei suoi avi come un figlio che, dopo un lungo viaggio, torna finalmente a casa. A Portacomaro, quella giornata è scolpita nella memoria collettiva come un miracolo quotidiano.
Oggi, quel filo sottile che unisce Roma a Portacomaro continua a vibrare. Nei canti delle messe in dialetto, nei volti scavati dei vecchi contadini, nei gesti semplici di chi, anche senza saperlo, ha forgiato l’anima di un Papa.
La storia di Francesco è anche la storia dell’Italia che emigra e non dimentica. Una storia che profuma di mosto e terra, di fede vissuta in silenzio, e che, da una finestra affacciata su Piazza San Pietro, ha parlato al mondo intero con voce piemontese. “Ciarea!”.