Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco in manette

Un episodio controverso dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti

A cinquant’anni esatti dalla loro morte, il 23 agosto 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la loro memoria

Crpiemonte
11 min readJan 30, 2024

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di Mario Bocchio

I volti di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, visti più spesso in quella famosa fotografia scattata tre anni dopo la loro prigionia, continuano a tormentare gli studenti di storia americana del XX secolo. Molto è stato scritto sul crimine di cui furono accusati, sulla parodia della giustizia che fu il loro processo e su come la loro agonia nel braccio della morte divenne sia un avvertimento che un grido di battaglia per i lavoratori immigrati.

Sebbene la letteratura accademica e popolare sul caso Sacco e Vanzetti sia già nutrita, la National Public Radio ha recentemente aggiunto un’altra interpretazione come segmento di The Past Present, una serie sottotitolata “Storia per la radio pubblica”. Sacco e Vanzetti è andato in onda per la prima volta nel gennaio 1999, prodotto da Curtis Fox. Due eminenti studiosi, Nunzio Pernicone e Richard Polenberg, forniscono la maggior parte dell’interpretazione storica; tuttavia, l’impatto drammatico del programma è il risultato di ciò che è intervallato dalla discussione accademica: frammenti di canzoni anarchiche italiane e ballate di Woody Guthrie, così come i commenti di Luigi Quintilliano, un compagno di Sacco e Vanzetti, registrati nel 1967. Inoltre, gli attori Joe Grifasi e Spiro Malas leggono le lettere dal carcere del “buon calzolaio e del povero pescivendolo”.

Il programma è diviso in tre parti. La prima descrive e spiega il significato degli ambienti politici anarchici in cui operarono Sacco e Vanzetti. La seconda esamina l’impatto dei Palmer Raids, in particolare sugli immigrati americani della classe operaia, e la campagna di attentati con cui alcuni risposero alla repressione del Primo Terrore Rosso. La parte finale del programma si concentra sui crimini di Bridgewater e South Braintree, nel Massachusetts, sui processi del 1920 e 1921 e sulla punizione definitiva che stabilì l’eredità di Sacco e Vanzetti.

Lapide sulla casa dove nacque Bartolomeo Vanzetti a Villafalletto, nel Cuneese

Per il pubblico in ascolto, il punto principale della parte introduttiva del programma potrebbe rivelarsi una sorta di sorpresa: Sacco e Vanzetti, sebbene non sia mai stato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio, sono gli assassini del pagatore del calzaturificio Frederick Parmenter e dell’addetto alle buste paga Alessandro Berardelli: non erano semplicemente anarchici filosofici. In una serie di commenti alternati, la narratrice del programma Joanne Allen e lo storico Nunzio Pernicone sottolineano che Sacco e Vanzetti appoggiarono e forse praticarono la violenza rivoluzionaria, almeno come mezzo di ritorsione contro la repressione. Per coloro che hanno familiarità con la storia degli immigrati italiani negli Stati Uniti, questa non è una rivelazione, soprattutto dopo la pubblicazione di Sacco e Vanzetti: The Anarchist Background di Paul Avrich nei primi anni ’90. Tuttavia, Pernicone, che riconosce liberamente il contributo di Avrich alle attuali visioni accademiche di Sacco e Vanzetti, non si rivolge a un pubblico di studiosi ma piuttosto a un presunto pubblico di non specialisti intelligenti e interessati. Fa un ottimo lavoro nel descrivere a quel pubblico il mondo in cui Sacco e Vanzetti costruirono i loro sogni, vissero la loro vita e alla fine morirono per l’autorità dello stato che tanto detestavano.

Nunzio Pernicone, che insegna alla Drexel University, è uno studioso di anarchismo italiano e italo-americano, ed è un’autorità nello studio di Carlo Tresca di Sulmona, il sindacalista, giornalista, editore, anarchico, antifascista e drammaturgo italiano naturalizzato statunitense editore di giornali e leader del movimento operaio negli Stati Uniti d’America.

Nicola Sacco e famiglia a Boston

Nella prima parte del programma, Pernicone, intervistato dal conduttore di un talk show radiofonico di New York Leonard Lopate, discute il background pre-immigrazione di Sacco e Vanzetti e il movimento anarchico sia in Italia che negli Stati Uniti. Sia Sacco che Vanzetti provenivano da famiglie contadine moderatamente prospere. Di conseguenza, ci informa Pernicone, le motivazioni primarie dell’emigrazione non erano solo economiche. Sacco fu spinto verso occidente dal senso dell’avventura e dal desiderio di miglioramento, mentre Vanzetti lasciò nel dolore la sua terra natale, il Piemonte, per la morte della madre. Entrambi gli uomini arrivarono negli Stati Uniti nel 1908.

L’America dell’era progressista ha risposto con ostilità alla maggior parte degli immigrati; tuttavia, gli italiani erano “all’ultimo gradino” a causa del “nordicismo” che dominava il pensiero sociale americano. Pernicone testimonia che gli americani anglo-protestanti spesso consideravano gli italiani del sud come non bianchi, come evidenziato da almeno 39 linciaggi di italiani segnalati negli Stati Uniti. Sia Sacco che Vanzetti subirono gli insulti e le umiliazioni di questo periodo particolarmente razzista; ma si adattarono in modo piuttosto diverso alla vita americana. Sacco, portato per la meccanica e con una certa educazione artigianale, divenne tagliabordi in una fabbrica di scarpe del Massachusetts. Si sposò, ebbe due figli, visse abbastanza bene e il giorno in cui fu arrestato aveva anche 1.500 dollari in banca. Vanzetti aveva meno competenze vendibili, quindi svolse una serie di lavori umili e punitivi, vivendo vicino alla povertà e senza mai sposarsi. Eppure era un uomo intelligente con l’anima romantica di un poeta e una passione per la giustizia sociale, una caratterizzazione supportata dalla drammatica lettura dell’attore Spiro Malas da una delle lettere di Vanzetti del 1921 alla sua ex padrona di casa, Alfonsina Brini.

Né Sacco né Vanzetti erano stati anarchici in Italia: fu lo sfruttamento della vita operaia negli Stati Uniti a convincere entrambi che il sistema attuale doveva essere distrutto. Eppure, secondo Pernicone, non furono soprattutto le difficoltà economiche individuali a spingere Sacco e Vanzetti all’anarchismo, ma piuttosto la loro preoccupazione per gli altri, la sensazione condivisa che tutti i lavoratori poveri fossero oppressi. Inoltre, come la maggior parte dei loro compagni all’interno della comunità anarchica immigrata, Sacco e Vanzetti credevano che gli esseri umani fossero naturalmente socialisti: era stata l’istituzione della proprietà privata e la sua assoluta protezione da parte di uno stato potente ad aver corrotto la società umana. Pertanto l’unico modo per riscattare l’umanità era abolire la proprietà privata, almeno nelle sue forme socialmente significative, e distruggere lo Stato. Questo non era un compito per sognatori. Lo stesso Stato protettore della proprietà era ben protetto: da polizia, soldati, magistrati e carnefici. Distruggere una struttura del genere richiederebbe sacrificio e richiederebbe violenza. La violenza rivoluzionaria, per Sacco e Vanzetti, era una risposta del tutto accettabile alla violenza istituzionalizzata che era il fondamento dello Stato moderno. Sacco, che era un lavoratore relativamente prospero, scrisse a sua figlia Ines, poche settimane prima della sua esecuzione, che sentiva che la sua vita era stata benedetta dall’affetto di sua figlia, di suo figlio e di sua moglie.

Bartolomeo Vanzetti

Tuttavia, la sua disponibilità a sacrificare quella vita benedetta era emersa dalla sua tristezza per la difficile situazione di tanti altri che vivevano “l’incubo delle classi inferiori”.

Pernicone, spiegando ulteriormente il fascino dell’anarchismo su Sacco e Vanzetti, trascorre circa dieci minuti discutendo le radici europee del movimento, le distinzioni tra anarchici e comunisti e il significato di Luigi Galleani, sia per il radicalismo degli immigrati negli Stati Uniti, sia per il movimento anarchico, destino finale di Sacco e Vanzetti. Spiega che gli anarchici classici come Kropotkin furono più forti nella loro critica alle relazioni sociali esistenti piuttosto che nell’avanzare piani per una società ricostruita. Infatti, la semplice elaborazione di un piano, secondo i puristi, costituirebbe una modalità autoritaria. Gli anarchici, ostili alla versione comunista della rivoluzione in quanto autoritaria, propagandavano invece il concetto di “mutuo aiuto”, un modello in base al quale tutte le persone avrebbero cooperato volontariamente per fare ciò che era necessario. Alla domanda del suo intervistatore come tale idealismo sia presto degenerato in terrorismo contro gli innocenti, Pernicone risponde che, innanzitutto, per gli anarchici, poche delle vittime prese di mira erano “innocenti”; in secondo luogo, il terrorismo fu il risultato del declino del movimento dopo il 1881 e dell’incapacità degli anarchici di scatenare una rivolta collettiva.

Luigi Galleani, l’agitatore ed editore anarchico al vetriolo, influenzò fortemente il radicalismo italiano degli immigrati, soprattutto in diversi stati del New England. Secondo Pernicone, uno dei motivi per cui la sinistra italiana fu particolarmente presa di mira durante il Red Scare del primo dopoguerra fu l’alto profilo di Galleani, la cui Cronaca Sovversiva fu identificata come il giornale più sedizioso d’America. Pernicone collega molto abilmente la sorte di Galleani ai successivi arresti di Sacco e Vanzetti. La sua affermazione secondo cui la campagna di attentati dell’aprile 1919 potrebbe essere stata una risposta all’arresto di Galleani è abbastanza plausibile, data la tempistica dei due eventi. Gli attentati contro l’abitazione di A. Mitchell Palmer, l’ultimo dei quali distrusse la parte anteriore della casa e uccise il probabile autore, fornirono una scia di prove indiziarie che alla fine condussero le autorità a Sacco e Vanzetti.

A questo punto, Richard Polenberg, professore a di storia americana alla Cornell University e autore di numerose pubblicazioni, si unisce a Pernicone per discutere del crimine, del processo e della punizione di Sacco e Vanzetti. Polenberg, i cui commenti sono occasionalmente aumentati da quelli della narratrice Joanne Allen, descrive in modo conciso gli eventi sia del tentativo di rapina a Bridgewater che della rapina e degli omicidi di South Braintree.

Ciò che risulta chiaro dall’osservazione di Polenberg è che i presunti autori erano i radicali italiani; gli arresti furono effettuati anche prima che emergessero le prove.

1921: Manifestazioni di protesta a Londra a favore di Sacco e Vanzetti

Polenberg spiega perché la maggior parte degli studiosi ha concluso che il processo a Sacco e Vanzetti è stato ingiusto: gran parte delle prove erano viziate e l’accusa lo sapeva; hanno oscurato i testimoni che affermavano di non aver visto Sacco e Vanzetti sul luogo del delitto. Michael Mussmano, ex avvocato di Sacco e Vanzetti e poi giurista conservatore della Pennsylvania, afferma che esistono prove convincenti che il giudice del processo (Webster Thayer, ancora una volta) era prevenuto nei confronti degli italoamericani e che il suo pregiudizio aveva contagiato la giuria. Polenberg e Pernicone, tuttavia, differiscono sull’effetto che il pregiudizio anti-italiano ha avuto sull’esito del processo. Polenberg sostiene che una giuria imparziale e senza pregiudizi avrebbe potuto ritenere Sacco e Vanzetti colpevoli basandosi esclusivamente sulle prove così come furono presentate, poiché non erano consapevoli della loro natura contaminata. Pernicone, d’altro canto, ritiene che una valutazione imparziale delle prove, per quanto viziate, avrebbe portato qualsiasi giuria imparziale alla conclusione che, almeno, lo Stato non aveva dimostrato la colpevolezza dell’imputato oltre un ragionevole dubbio. Quindi, per Pernicone, il pregiudizio fu un fattore importante.

Sebbene la maggior parte degli studiosi concordi con gli storici del programma sul fatto che il processo a Sacco e Vanzetti fu ingiusto, che il processo di appello in Massachusetts all’epoca assicurava virtualmente la conferma del verdetto originale e che la rispettata Commissione Lowell aveva iniziato a scrivere dopo aver concluso che il processo è stato giusto prima di raccogliere tutte le prove, non esiste ancora una conclusione assoluta sull’effettiva colpevolezza o innocenza di uno o di entrambi gli uomini. Verso la fine del programma, la questione della colpevolezza viene affrontata da Luigi Quintilliano, compagno di Sacco e Vanzetti, che raccolse le sue reminiscenze nel 1967. Quintilliano chiese a ciascuno se fossero colpevoli, ed entrambi risposero negativamente con tanta sincerità e convinzione che Quintilliano non ha mai avuto dubbi sulla loro innocenza.

Il programma si conclude in modo drammatico con due resoconti personali delle esecuzioni di Sacco e Vanzetti il ​​23 agosto 1927. Michael Mussmano ricorda di aver implorato le guardie carcerarie, pochi istanti prima dell’esecuzione, di lasciarlo entrare per tentare un ultimo disperato tentativo di sospensione. I suoi sforzi furono rifiutati. “Evidentemente — dice Mussmano — , lo Stato li voleva morti, qualunque cosa accada”.

Il ricordo di Luigi Quintilliano è allo stesso tempo agghiacciante e in qualche modo stranamente consolante. Sacco, ricorda, salutò la sua famiglia, e poi andò stoicamente incontro alla morte. Il successivo fu Vanzetti, che vide le luci lampeggiare nella sua cella al momento dell’esecuzione di Sacco. Vanzetti fece un breve discorso dalla sedia elettrica, in cui perdonò tutti coloro che stavano per togliergli la vita. Poi qualcuno ha girato un interruttore e “in pochi secondi se n’era andato”.

Curtis Fox e i suoi collaboratori hanno svolto un lavoro ammirevole sia nel descrivere il mondo anarchico degli immigrati in cui Sacco e Vanzetti tentarono di vivere i loro ideali, sia nello spiegare il significato dei loro processi, condanne ed esecuzioni. Nunzio Pernicone è particolarmente efficace nel dimostrare che Sacco e Vanzetti erano tutt’altro che sognatori: erano uomini disposti ad agire contro quello che consideravano un sistema malvagio. Questa rappresentazione è tuttavia opportunamente ammorbidita dalla lettura drammatica di alcune lettere del carcere.

Il giudice Webster Thayer

Il programma è rovinato solo da alcuni problemi. La musica utilizzata per introdurre i diversi segmenti è evocativa, ma nessuno di essi è identificato. Le selezioni di Woody Guthrie sono abbastanza facili da posizionare; ma avremmo apprezzato qualche informazione riguardante le selezioni italiane. Chi non ha familiarità con la storia della sinistra americana potrebbe avere difficoltà a seguire la sezione del programma sul background anarchico, soprattutto perché Pernicone corre a tutto gas su termini come Cronaca Sovversiva (il giornale di Galleani). Eppure queste sono critiche minori a quella che abbiamo trovato una commovente rivisitazione della storia di Sacco e Vanzetti. Nessuna lettura del racconto degli ultimi momenti dei due uomini può trasmettere la dignità di Sacco e Vanzetti in modo così toccante come l’ascolto delle parole di Luigi Quintilliano, mentre ricorda con rispetto l’”agonia” e il “trionfo” dei suoi compagni. inalterato dal passare del tempo.

Una fase del processo ai due italiani

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Ferdinando Nicola Sacco era nato in Piglia a Torremaggiore il 22 aprile 1891, Bartolomeo Vanzetti proveniva dal Piemonte, da Villafalletto nel Cuneese, nacque l’ 11 giugno 1888 italiani.

Sacco di professione faceva l’operaio in una fabbrica di scarpe. Vanzetti, invece, che gli amici chiamavano Trômlin, dopo aver a lungo girovagato negli Stati Uniti d’America facendo molti lavori diversi, rilevò da un italiano un carretto per la vendita del pesce e svolse questo lavoro per pochi mesi.

I due furono arrestati, processati e condannati a morte con l’accusa di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree.

Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all’epoca del loro processo; a nulla valse la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros, che li scagionava. I due furono giustiziati sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario statale di Charlestown, non lontano da Boston.

Con il tempo varie opere letterarie, musicali e cinematografiche celebrarono la vicenda di Sacco e Vanzetti come simbolo di mali come l’errore giudiziario, il razzismo e l’intolleranza. A cinquant’anni esatti dalla loro morte, il 23 agosto 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la loro memoria.

Fonte:

Sacco and Vanzetti, The Journal for MultiMedia History, 1999; Curtis Fox, Sacco and Vanzetti, The Past Present: History for Public Radio.

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