Una medaglia da non dimenticare
La piemontese fu la prima azzurra a salire sul podio olimpico nella specialità della velocità
Roma 1960. Le chiamarono le Olimpiadi più belle di sempre. Forse lo furono veramente. Sicuramente lo sono state per Guseppina “Giusy” Leone, prima azzurra a salire sul podio olimpico nella specialità della velocità.
La prima medaglia olimpica italiana è notoriamente quella di Trebisonda “Ondina” Valla, conquistata con la vittoria di Berlino ’36 sulla distanza degli 80 metri ad ostacoli.
Poi fu la volta della torinese Giuseppina “Giusy” Leone a vincere il bronzo nella gara dei 100 metri ai Giochi di Roma del 1960. Giusy fu la prima italiana a conquistare la medaglia olimpica in una gara di velocità pura.
Se mai ce ne fosse bisogno, un buon motivo per essere una medaglia da non dimenticare.
Una storia a lungo trascurata
Dopo aver trattato a lungo le vicende agonistiche di Ondina Valla, solo recentemente Gustavo Pallicca (peraltro scomparso), il giudice di atletica appassionato dei racconti di questo sport, ha voluto “rispolverare” quelle della torinese Giusy Leone, che stranamente i cultori (giornalisti e storici) hanno trascurato per troppi anni.
Giuseppina Leone nacque a Torino il 21 dicembre 1934, figlia di un operaio e di mamma impiegata, seconda di due sorelle.
Nonostante che nell’Italia degli anni ’50 il ruolo della donna fosse ancora fortemente legato al binomio che riconduceva al ruolo di “moglie-madre”, dedita alla conduzione domestica e all’educazione dei figli, a 17 anni i genitori di Giusy si preoccuparono di far fare dello sport alla ragazzina, che anelava al movimento fisico da alternare agli studi di ragioneria.
Dopo alcune esperienze nel nuoto, sulle orme della sorella che già lo praticava, un amico di famiglia, Marcello Pagani, la incoraggiò a provare l’atletica leggera.
Un’antesignana
Considerati i tempi in cui ha gareggiato, può essere considerata anch’essa, come Paola Pigni, una antesignana della atletica post bellica, quella atletica che ha permesso alle donne di avere su di loro quella luce della ribalta fino ad allora riservata solo ai colleghi maschi.
Via la polvere che negli anni trascorsi si è depositata sulle vicende che negli anni 50’ videro la ragazzina torinese calcare per la prima volta la pista con i colori della SIPRA ed ecco che, lentamente, sono tornate alla luce le imprese che hanno caratterizzato il successo di questa straordinaria atleta, culminate con il bronzo alla sua terza partecipazione olimpica.
Poi al termine dei Giochi romani il matrimonio e l’abbandono della attività agonistica.
L’uscita di Giusy Leone dalle scene sportive avvenne con discrezione, senza clamori, e la vita di una donna, tornata “normale”, riprese il suo divenire fino ai giorni nostri alla soglia dei 90 anni.
Il libro
La “riscoperta” dell’atleta e delle sue gesta ha risvegliato ricordi antichi, suscitando in molti stupore e rimpianto per l’oblio che era calato su di loro. Ma l’opera degli storici e la loro passione serve proprio a tenere vivi questi ricordi e salvarli dall’inesorabile usura del tempo.
Oggi la storia della Giusy Leone atleta e velocista, torna alla luce dopo anni di oblio grazie all’Assital (Associazione Italiana Tecnici di Atletica Leggera) che ha editato un volumetto, scritto da Pallicca, dedicato a ripercorrere le tappe salienti della sua carriera di atleta.
Un volumetto che, in assonanza misteriosa con la specialità di Giusy, si legge in velocità e con la leggerezza del racconto emotivo