Una tragica rappresaglia
L’eccidio nazifascista di Dronero del 2 gennaio 1944
di Mario Bocchio
L’eccidio nazifascista di Dronero, avvenuto il 2 gennaio 1944, è uno degli episodi più dolorosi e significativi della storia della Resistenza nelle valli cuneesi. Questo evento tragico segnò non solo la violenza del regime fascista e dell’occupazione tedesca, ma anche la brutalità delle rappresaglie contro le popolazioni che osavano sostenere i partigiani. L’eccidio ebbe luogo in un contesto di crescente resistenza al fascismo e al nazismo, con Dronero che divenne un simbolo di questo contrasto tra l’oppressione e il desiderio di libertà.
Nel periodo tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, la zona delle valli cuneesi era un importante rifugio per i partigiani che combattevano contro le truppe fasciste e tedesche. La resistenza nelle Alpi Cozie, come in altre aree montuose d’Italia, si era intensificata a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, che aveva portato alla fine del regime fascista e all’occupazione tedesca. La guerra partigiana in Piemonte si caratterizzò per la lotta di piccoli gruppi di resistenti contro le forze occupanti, spesso appoggiati dalla popolazione civile.
L’episodio che scatenò la violenta rappresaglia a Dronero fu l’uccisione, nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 1943, del farmacista Oreste Millone, un esponente di spicco del fascio locale, e della sua compagna Anna Albenga. L’attacco fu rivendicato da un gruppo di partigiani che operavano nella zona, accusati di aver preso di mira un simbolo del regime. Sebbene gli assassini fossero partigiani, la risposta dei nazifascisti fu collettiva e indiscriminata, colpendo tutta la comunità di Dronero, considerata complice dei resistenti.
In risposta alla morte di Millone e della sua compagna, i soldati tedeschi, supportati dalle forze della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), scatenarono una furiosa rappresaglia contro Dronero. Alle prime ore del 2 gennaio 1944, circa 400 soldati delle SS, provenienti dal comando tedesco, circondarono Dronero e iniziarono un’operazione di violenza sistematica contro la popolazione civile. La città fu presa d’assalto con una brutalità inaudita: furono incendiati diversi edifici, tra cui la tipografia Lantermino-Coalova, un simbolo dell’opposizione alla dittatura fascista e della stampa clandestina. Le forze tedesche distrussero anche molte case e arrestarono decine di persone sospettate di essere legate alla Resistenza.
Tra i primi a essere colpiti furono i partigiani, ma anche i civili vennero brutalmente selezionati per essere fucilati o deportati. Dieci persone furono uccise immediatamente, tra cui quattro partigiani e sei cittadini comuni, che furono scelti a caso dalle forze occupanti, senza alcun processo o indagine. La brutalità della rappresaglia non si fermò qui: alcune delle vittime furono deportate nei campi di concentramento nazisti.
Tra i deportati, ci furono uomini che avevano ricoperto ruoli pubblici e politici nel Comune di Dronero, come l’avvocato Pietro Allemandi, che era l’ultimo sindaco democraticamente eletto, e il tipografo e giornalista Giovanni Lantermino, il quale era anche uno dei principali sostenitori della stampa antifascista locale. Ma anche Cristoforo Coalova, collaboratore di Lantermino; Magno Marchiò, un industriale che aveva subìto il fascismo e si era opposto alle politiche di occupazione nazista; e Giuseppe Lugliengo, un altro dronerese coinvolto nella Resistenza. Questi uomini furono arrestati e deportati nel campo di concentramento di Mauthausen, in Austria, dove morirono dopo aver subito indicibili sofferenze.
L’eccidio di Dronero è rimasto impresso nella memoria collettiva della comunità locale e nazionale. Negli anni successivi, la città ha fatto di tutto per preservare la memoria delle vittime e per assicurarsi che le atrocità commesse non fossero dimenticate.
Uno dei simboli più importanti della memoria storica di questo tragico evento sono le “pietre d’inciampo”, un progetto dell’artista tedesco Gunter Demnig. Queste pietre sono state posizionate davanti alle abitazioni dei deportati per ricordare le loro storie. Le pietre sono un segno tangibile del sacrificio di uomini e donne che hanno perso la vita per la loro opposizione al regime nazifascista. Cinque di queste pietre sono state poste a Dronero per ricordare le vittime della deportazione.
Ogni anno, il 2 gennaio, si tiene una cerimonia commemorativa che coinvolge la comunità di Dronero: vengono letti i nomi delle vittime, si ricordano gli eventi del 1944, e si ribadisce l’importanza di non dimenticare quanto accaduto. La cerimonia è anche un’occasione per riflettere sulla lotta per la libertà e per rinnovare l’impegno per la difesa dei diritti umani.
Per coloro che desiderano approfondire ulteriormente la storia dell’eccidio di Dronero, esiste una vasta documentazione storica e letteraria che racconta le vicende di quegli anni. Il libro “Dronero. I deportati politici. La rappresaglia del 2 gennaio 1944” di Nadia Bianco e Sergio Declementi fornisce una ricostruzione dettagliata degli eventi e delle testimonianze di chi ha vissuto quei giorni drammatici. La pubblicazione offre una visione unica sulla storia locale, intervistando testimoni e raccogliendo documenti storici, e fornisce uno spunto di riflessione sulla resistenza civile e sulle atrocità del periodo nazifascista.