Pinocchi di legno

Valle Strona, dal fare “il solletico ai tarli” a far nascere i Pinocchi

Un tempo la Valstrona era conosciuta come la Valle dei “gràta gàmul”, i tornitori e lavoratori del legno in grado di “fare il solletico ai tarli

Crpiemonte
4 min readOct 27, 2017

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di Marco Travaglini

Nelle botteghe poste lungo lo Strona, il torrente che dà il nome alla valle e principale affluente del Toce, si tornivano e lavoravano utensili da cucina, ciotole, mestoli e piccoli oggetti d’arredo. Un lavoro eseguito con abilità artigianali, utilizzando — prima che arrivasse l’energia elettrica — la forza motrice dell’acqua.

Cartolina della Valle Strona

A onor del vero, quella che oggi in molti chiamano anche la “valle dei Pinocchi” — almeno da quando gli artigiani si sono specializzati nel dar corpo alle copie del burattino più amato del mondo — aveva un altro soprannome: la “val di cazzuj”, rammentando la grande quantità di cucchiai di legno che lì venivano prodotti. Questa valle, che da Omegna sale verso il monte Capezzone, è una terra ricca di suggestioni e bellezze. Comprende, nei quattro comuni che la compongono, ben 14 nuclei abitati: Germagno, Loreglia, Chesio, Strona, Luzzogno, Fornero, Inuggio, Piana, Sambughetto, Massiola, Rosarolo, Otra, Forno e Campello Monti.

Museo della tornitura del legno a Pettenasco (No)

Da sempre terra di lavoratori e inventori che l’anno resa famosa non solo per il legno ma anche per l’antica tradizione nella lavorazione del ferro e del peltro, tanto che — dal XVII al XIX secolo — si può parlare di una vera e propria scuola di peltrai emigrati dalla Valle strona in varie città d’Italia ed Europa. L’ingegno, da quelle parti, non hai mai fatto difetto. A Sambughetto venne inventata una pala, la “sesula” , che veniva utilizzata d’inverno per sgomberare la neve dalle strade , senza che quest’ultima le si attaccasse. Il primo tornio mosso dalla forza dell’acqua fu quello di Gaudenzio Piana, di Fornero.

Lavorazione del legno in Valle Strona

Come e perché Piana poté costruirlo, è questione avvolta in un alone di leggenda. Pare che avendone visto un esemplare nelle prigioni di Genova, dove era stato rinchiuso perché aveva disertato dall’esercito piemontese dopo la sconfitta di Novara del 1849, decise di costruirsene uno uguale, non appena fosse tornato libero. Il tutto in gran segreto, evitando che i compaesani potessero copiare la sua nuova macchina e usufruire anch’essi dei vantaggi che portava, visto che il tornio ad acqua consentiva una resa di gran lunga più alta rispetto ai tradizionali torni azionati a pedale.

Cucchiai di legno

Il segreto che però durò poco e nel giro di pochi decenni la valle si riempì di torni mossi dalle acque dello Strona. Così, producendo senza soste e innovando in base alle richieste di mercato, si è giunti fino ai Pinocchi di tutte le fogge e grandezze che, insigniti del marchio “Piemonte eccellenza artigiana”, vengono venduti un po’ ovunque, compresa Collodi, la patria toscana del burattino inventato nel 1881.

I Pinocchi della Valle Strona

Sono più di cento i passaggi che occorrono per realizzare un Pinocchio snodabile completo e per immaginare sempre dei nuovi modelli occorrono estro e fantasia. “C’era una volta… — Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”, si legge nell’incipit di Pinocchio, partorito dalla fantasia di Carlo Lorenzini, detto il Collodi. Ma andrebbe forse ricordato, senza offesa per nessuno, che quel mastro Geppetto che ha saputo lavorare il “tronco parlante” regalatogli da mastro Ciliegia, forse era arrivato nel Granducato di Toscana proprio dalla Valle Strona.

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