Colletto

Verso il paese fantasma

Narbona, nell’alta Valle Grana,è il simbolo della sfida dell’uomo alla montagna per le enormi difficoltà a vivere a 1530 metri su un costone irto e difficile da coltivare. Venne abbandonata solo nel 1962. Vi proponiamo un itinerario per arrivarci

Crpiemonte
4 min readJun 4, 2021

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di Pino Riconosciuto

Solo dei fuggiaschi potevano pensare di costruire una borgata così in alto, in una posizione così ardita. Gente che non aveva nulla da perdere, che doveva a tutti i costi lasciarsi il mondo alle spalle. Su Narbona sono cresciute le leggende su chi l’abbia fondata: briganti che sfuggivano alla legge, Catari perseguitati dalla Chiesa, addirittura disertori spagnoli. L’ipotesi più accreditata è che fuggissero alle pestilenze che tra il 1500 e il 1600 flagellarono quelle valli, decimando gli abitanti. Certo è che, nonostante l’enorme difficoltà a vivere in quel luogo, Narbona a modo suo prosperò fino a raggiungere i 117 abitanti nel 1775 e addirittura 144 nel 1897. C’era anche la parrocchia e alcune locande. Nel 1926 venne aperta addirittura una scuola per servire il centinaio di persone che vivevano a Narbona e che continuarono a vivere nonostante le due guerre mondiali.

Il percorso

Poi la popolazione diminuì, la scuola venne chiusa nel 1958, 11 famiglie resistettero fino al 1962, per poi cedere e abbandonare la borgata. Da allora è stata meta di curiosi e di ladruncoli che l’hanno spolpata di tutto ciò che potevano prendere, accompagnandone il degrado portato dai continui crolli dovuti alla mancanza di manutenzione.

Narbona

Una resistenza eroica, comunque, realizzata con l’ingegno e la cocciutaggine di chi non voleva mollare. Si raccontano le grandi difficoltà che dovevano superare i contadini per sopravvivere coltivando orzo, segale e canapa sui terrazzamenti che avevano faticosamente costruito e sui pendii su cui falciavano il fieno, assicurandosi con corde e ramponi per evitare scivoloni fatali. Anche le mucche vivevano solo in stalla per annullare i rischi del terreno scosceso. D’inverno l’isolamento era totale per il pericolo delle valanghe sul sentiero che collegava a Campomolino.

Ancora un’immagine di Narbona

Oggi Narbona è una borgata fantasma, un insieme di rovine tra cui è complicato e pericoloso avventurarsi. Della cappella della madonna della neve, come della scuola e del forno comunitario, sono rimaste poche tracce. Ci si può però fare un’idea di cos’era girando intorno all’abitato e osservando i resti invasi dalla vegetazione.

Per arrivarci si può seguire il vecchio sentiero che la collega al Colletto, una frazione abbarbicata alla roccia a 1272 metri, dopo essersi naturalmente informati sul meteo e le condizioni della zona. Si raggiunge il Colletto seguendo la strada della Valle Grana da Caraglio fino all’abitato di Campomolino.Appena prima della borgata si gira a destra su una stradina asfaltata che sale alla frazione, si può lasciare l’auto in due piccoli parcheggi all’inizio e alla fine delle abitazioni. Da lì si prende lo sterrato che va a nord dell’abitato nel bosco e raggiunge dopo un paio di chilometri di moderata salita un’altra borgata, Valliera, con numerosi esempi della tipica architettura occitana della zona. La frazione è in via di ricostruzione, si tenta di recuperarla per la produzione del Castelmagno, sfruttando gli alpeggi limitrofi che porterebbero gran qualità al prezioso formaggio.

Una cappelletta sul percorso

Si prosegue sulla strada principale che lascia il paese fino al primo bivio per Campofei, in discesa, da non prendere. Al secondo incrocio si seguono le indicazioni per Narbona, a sinistra. Si prosegue poi, lasciando a fianco sotto una rupe la borgata di Battuira, fino a salire al colletto della Bastia, 1690 metri, che introduce al vallone di di Narbona. A quel punto si scende leggermente per un sentiero che attraversa il versante a nord per arrivare, dopo aver superato un costone roccioso, all’alpeggio Colbertrand, a 1614 metri. Occorre oltrepassarlo per godersi i bei prati fioriti a giugno e luglio che ci portano a un altarino, sul costone roccioso, che introduce una panoramica sulle creste che segnano il confine con la valle Stura. Entrando nel bosco, si arriva ai primi ruderi di Narbona, dopo sei chilometri e circa due ore di cammino.

Una fatica ben spesa, non solo per i panorami attraversati. Le rovine di Narbona ci riportano a un mondo duro e faticoso che era vivo fino a sessant’anni fa. Naturalmente alle informazioni sulla vita del tempo occorre aggiungere l’immaginazione. Perché a vederle oggi, così ridotte in pochi decenni, si fa fatica a non credere che sia stato solo un sogno, lontano dal tempo e dalla realtà.

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