Via Napione 32
Prima delle case c’era lo sferisterio dove andava Edmondo De Amicis
a cura di Mario Bocchio
In via Napione 32 a Torino, quartiere Vanchiglia, fu attivo fino al 1965 uno sferisterio: un campo da gioco per partite di pallone elastico e tamburello. Oggi l’impianto non esiste più, fu demolito per costruire case d’abitazione. Dal 1895 al 1965 - per settant’anni - è stato un punto di riferimento molto importante per gli appassionati che in via Napione, quasi all’altezza di corso Regina Margherita, assistevano alle gare con ingresso a pagamento e potevano scommettere somme di denaro. I biglietti erano venduti a prezzi popolari (8 soldi) e c’erano a disposizione del pubblico una rimessa per le biciclette e una rivendita di birra. Lo sferisterio di via Napione fu il primo impianto torinese dotato di illuminazione notturna per le gare di pallone elastico. Era lungo 107 metri, largo 12. Venne intitolato a Edmondo De Amicis, appassionato tifoso.
Edmondo De Amicis (Imperia 1846 - Bordighera 1908), compiuti gli studi a Cuneo ed a Torino, divenne ufficiale di carriera e partecipò alla battaglia di Custoza e alla “breccia” di Porta Pia. Lasciato l’esercito, si dedicò all’attività giornalistico-letteraria, realizzò memorabili reportage su vari paesi e scrisse importanti opere, tra cui “Cuore“, che lo rese famoso in Italia e nel mondo.
Fu legato da profondo amore per il gioco del pallone elastico, che non solo praticò in gioventù, ma ne divenne fine conoscitore nei suoi aspetti tecnici, umani e sociali. A Cuneo vide in azione il grande “Battista di Portocomaro“ e a Torino fu assiduo frequentatore dello sferisterio di via Napione. Esperienze e commenti che riporta ne “Gli Azzurri e Rossi” e, come in una telecronaca in diretta, narra il variegato mondo della pallapugno, la cui testimonianza di passione ed agonismo rimangono immutati nel tempo. Su questo libro, disponibile nella ristampa del 2002 a cura di “Editoriale Europea”, ha scritto la prefazione Franco Piccinelli, il noto scrittore e giornalista di Neive, che fu anche presidente nazionale della Federazione della pallapugno.
“Se, ad esempio, De Amicis oggi campasse, si rallegrerebbe d’essere stato un cattivo profeta nel preconizzare (con rincrescimento, si dice ben sempre così) tramonto e declino dello sport da lui amato. Peccato, affermava, che sia prossimo ad esaurirsi. Sono passati cent ‘anni ed è ben vivo, ha proseguito, ha conosciuto alti e bassi, si è difeso con i denti persino da Cassandre interessate chissà mai a che cosa. Attenzione, signore e signori. Finchè avrà futuro la pallapugno, lo avranno barolo, barbaresco, moscato, arneis e roero, pigato e rossese. E lo avranno i tartufi e le olive, assieme alle delizie di due regioni che un tempo furono una sola. La pallapugno è il nostro passato e il nostro domani. Certo, occorrono radici salde, niente improvvisazioni, passo fermo, amore e voglia di lottare. A tanti degli sport oggi mal messi sono mancati questi presupposti. La pallapugno dà onori a chi la pratica. Chi l’amministra deve contentarsi di servire. E un buon servizio lo reca la Editoriale Europea con il suo patron Fenoglio che riedita proprio ‘Gli Azzurri e i Rossi’ come contributo ai propositi detti. Ingoiato lo sferisterio Edmondo De Amicis della torinese via Napione, uno immensamente più maestoso, d’identico nome e intelligente intitolazione, si è da poco inaugurato nella sportivissima Imperia. Due forti Regioni, che si danno la mano con ideali per mille motivi comuni, sono un traino che dà garanzie per spuntare le ‘erte’ d’ogni percorso, quello umano compreso”.