Zavoli, innamorato del volto umano del ciclismo
Nel 2008 venne in Piemonte per ritirare il Premio alla carriera
di Mario Bocchio
C’è anche un ricordo tutto piemontese nella vita di Sergio Zavoli. Nel 2008 venne ad Arona a ritirare il Premio alla carriera, istituito dal Circolo culturale “Gian Vincenzo Omodei Zorini” con la seguente motivazione: “Maestro dell’inchiesta televisiva, grande innovatore dei linguaggi della cronaca e dello sport, ha saputo dedicare la sua lunga carriera ad una rigorosa, quanto profondamente umana, indagine sul nostro tempo”.
Raccontare Sergio Zavoli non è facile tante sono le trasmissioni di successo che l’hanno visto autore e conduttore. Forse la sintesi migliore la diede a suo tempo Indro Montanelli (un altro grande giornalista) che lo definì: “Maestro del giornalismo televisivo”. Zavoli fu cronista di razza, maestro della comunicazione radiofonica e televisiva, capace di inventare nuove formule e pronto a portare nelle case degli italiani argomenti delicati e difficili da trattare oltre che presidente della Rai per sei anni, dal 1980 al 1986.
È stato l’inventore del Processo alla Tappa, trasmissione che rappresenta una delle pietre miliari della storia della televisione e del giornalismo sportivo. Per sette anni ha raccontato prima ancora che le imprese del ciclismo, gli uomini che le hanno compiute e, soprattutto, quelli che avrebbero voluto ma non sono riusciti: i primi come gli ultimi. Come riporta il Corriere della Sera: “Un cronista di razza, un maestro della comunicazione radiofonica e televisiva, capace di inventare nuove formule e pronto a portare nelle case degli italiani argomenti delicati e difficili da trattare oltre che presidente della Rai per sei anni, dal 1980 al 1986, Zavoli ne era stato per tanto tempo in precedenza e ne fu ancora in seguito un volto giornalistico tra i più prestigiosi e riconoscibili, un’autentica figura di riferimento per il pubblico, senza poi contare il suo ruolo istituzionale come presidente della commissione di Vigilanza, carica ricoperta in età già avanzata, dal 2009 al 2013”.
Era nato a Ravenna il 21 settembre 1923, è cresciuto a Rimini. Tra i suoi amici più cari figurava Federico Fellin. A Rimini ha svolto il proprio apprendistato di cronista con il «giornale parlato», una sorta di notiziario trasmesso al megafono allestito con un paio di amici subito dopo la guerra. All’inizio degli anni ’60 s’inventò la trasmissione Processo alla tappa, in cui faceva commentare giorno per giorno l’andamento del Giro d’Italia anche a personaggi della cultura come Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia.
È stato un successo enorme, con gli ascolti alle stelle, per la popolarità del ciclismo, ma anche per la formula innovativa che ha rappresentato un nuovo modo di raccontare lo sport. Il successo era legato anche al racconto delle tappe diverso rispetto al passato. Zavoli andava a caccia di storie, amava i gregari più che i vincitori: “Il mondo non è fatto di primi, ma di secondi, terzi, ultimi, di gente che arriva fuori tempo massimo pur sputando sangue”.
Amava ricordare che “la bicilietta è un modo di accordare la vita con il tempo e lo spazio: è l’andare e lo stare dentro misure ancora umane”.